Il prezzo amaro del caffè
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Tra le novità portate dal 2025 c’è anche l’impennata dei prezzi del caffè. La bevanda segue la scia del cacao, che ormai da tre anni registra bruschi rincari a causa dei cattivi raccolti nei maggiori paesi produttori, soprattutto in quelli dell’Africa occidentale. Bloomberg spiega che sui principali mercati mondiali il caffè sta registrando la striscia di rialzi più lunga dal 1980. I contratti futures (accordi per comprare o vendere una specifica quantità di caffè a un prezzo prefissato in una data futura) sull’arabica, varietà molto diffusa scambiata alla borsa Intercontinental exchange di New York, sono intorno alla quota record di quattro dollari alla libbra (453,59 grammi, l’unità di misura usata sul mercato statunitense), cioè circa nove dollari al chilo, più del doppio rispetto a un anno fa. Secondo gli esperti fino a cinque dollari alla libbra il caffè è ancora acquistabile; dopo diventa un prodotto di lusso.
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Come per il cacao, anche nel caso del caffè l’origine dei rialzi è dovuta alla crisi climatica, in particolare alle condizioni meteorologiche fuori dalla norma che hanno danneggiato i raccolti. Non fa eccezione il Brasile, racconta il settimanale tedesco Die Zeit. Il paese sudamericano è il più grande produttore di caffè da 150 anni: la pianta è coltivata su due milioni di ettari di terreno, che in media garantiscono ogni anno circa 3,3 milioni di tonnellate di semi di caffè, due terzi dei quali sono destinati all’esportazione. Ma negli ultimi tempi i quasi trecentomila coltivatori brasiliani hanno subito drastici cali dei raccolti a causa di eventi meteo fuori dalla norma, come periodi di caldo e secchi senza precedenti. Nel 2024 alcune delle zone più importanti nella coltivazione del caffè hanno avuto i tassi di precipitazione più bassi degli ultimi quarant’anni. Miguel Erthal, proprietario di una grande piantagione nello stato di Rio de Janeiro, ha raccontato alla Zeit che invece dei soliti 23mila sacchi da sessanta chili di caffè all’anno, nel 2024 la sua azienda ne ha prodotti appena tremila, l’88 per cento in meno. Così il prezzo è passato in poco tempo da seicento reais (circa 95 euro) al sacco a duemila reais (310 euro).
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La raccolta del caffè in una piantagione di Anolaima, Colombia, 4 dicembre 2024 (Luisa Gonzalez, Reuters/Contrasto)
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Il Brasile rappresenta il 35 per cento della produzione globale, ma non è l’unico protagonista del mercato ad avere problemi. L’altro è il Vietnam, il secondo produttore mondiale, specializzato nella varietà robusta. Anche i coltivatori del paese asiatico sono stati penalizzati dalla scarse precipitazioni e non guardano al futuro con ottimismo: le associazioni di categoria prevedono che entro il 2050 la produzione vietnamita possa addirittura dimezzarsi; entro il 2040, inoltre, nel mondo potrebbe esserci un deficit di robusta pari a 35 milioni di sacchi da sessanta chili. Corre rischi anche il terzo produttore mondiale, la Colombia, ma non solo per il cambiamento climatico, visto che, come spiega il New York Times, sul paese incombe lo spettro della guerra commerciale. Lo dimostrano i dazi minacciati a gennaio dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump dopo che il governo di Bogotà aveva rifiutato di accogliere un gruppo di immigrati rimpatriati dalla Casa Bianca. Oltre al petrolio, tra i prodotti più penalizzati dall’eventuale imposizione di dazi c’era proprio il caffè: attualmente quello colombiano costituisce il 20 per cento del caffè importato negli Stati Uniti.
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Le aziende, consapevoli che in molti paesi il costo della vita è aumentato bruscamente, stanno ricorrendo alle scorte di magazzino per impedire rialzi eccessivi sugli scaffali dei supermercati o al bar: per ora mettono in vendita i prodotti come se il costo di una libbra di caffè fosse intorno ai 2,5 dollari. Ma secondo il ministero dell’agricoltura degli Stati Uniti, entro il 2026 i chicchi di caffè in magazzino potrebbero raggiungere il secondo livello più basso del 1960, scrive Bloomberg. Presto quindi non sarà più possibile tenere a freno i rincari, soprattutto se i coltivatori non saranno aiutati dal clima o non troveranno soluzioni per adattarsi alle nuove condizioni meteorologiche. Sono almeno quattro anni che la domanda mondiale supera l’offerta (170 milioni di sacchi da sessanta chili all’anno) in media di 15-20 milioni di sacchi. Considerando questa differenza, aggiunge Bloomberg, non sarebbe una sorpresa se nei prossimi mesi il prezzo di una tazzina di caffè salisse del 20-25 per cento.
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COMMERCIO
Il caffè agita i mercati
Tradizionalmente legata al tè, la Cina sta cominciando a cambiare le sue abitudini. In futuro la crescita dei consumi cinesi farà aumentare i prezzi in tutto il mondo.
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AGRICOLTURA
L’esodo dei migranti
Il caffè non paga per molte delle centinaia di migliaia di agricoltori centroamericani che producono i delicati chicchi di arabica. |
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AZIENDE
Troppo cioccolato fa male
Il rincaro dei prezzi del cacao sta spingendo le aziende a usare meno quest’ingrediente. E soprattutto a lanciare prodotti che contengono alternative, come il caramello.
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◆ Giappone Da anni il settore degli anime (le opere di animazione giapponesi) è uno dei più ricchi e di maggior successo dell’industria dell’intrattenimento del paese asiatico. Ma in realtà, scrive Bloomberg, è noto anche per i ritmi di lavoro estenuanti a cui sono sottoposti i dipendenti. “Gli animatori più giovani guadagnano in media meno di due milioni di yen all’anno (poco più di dodicimila euro), contro i tre milioni assicurati ai coetanei che vivono a Tokyo. La cifra, inoltre, è meno della metà del salario d’ingresso nel settore dell’animazione statunitense”. I dipendenti dell’industria degli anime si lamentano anche per i ritardi e le incertezze dei pagamenti: sono costretti ad aspettare fino a sei mesi prima di ricevere lo stipendio; alcuni sono assunti attraverso un colloquio telefonico o un semplice scambio di messaggi in chat, senza che gli sia sottoposto un contratto formale e senza sapere quanto e quando saranno pagati. Nel 2024 la situazione del settore è stata analizzata da un gruppo di lavoro del consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, che in un rapporto ha parlato di sfruttamento e anche di episodi di violenze sessuali e molestie. Alla fine le istituzioni giapponesi hanno deciso d’intervenire. Nel novembre 2024 è entrata in vigore una legge che rafforza i diritti dei freelance del settore. A gennaio, invece, l’autorità antitrust giapponese ha aperto un’inchiesta sui metodi di lavoro e ha invitato chi ha subìto abusi a presentare delle denunce.
◆ Commercio Le azioni delle aziende legate al cacao quotate nelle borse di Londra e New York sono ai minimi storici a causa della continua carenza di questa materia prima fondamentale per il settore alimentare. I produttori di cioccolato, scrive il Financial Times, faticano sempre più a trovare ingredienti alternativi o a proporre ai consumatori versioni dei prodotti con minori quantità di cacao. Intanto le scorte continuano a ridursi: sul mercato londinese dell’Intercontinental exchange un anno fa erano disponibili più di centomila tonnellate di cacao, mentre oggi si è scesi a ventunomila. Dall’inizio del 2023, inoltre, i prezzi del cacao sono triplicati a causa dei cattivi raccolti.
◆ Cina Il 17 febbraio il presidente cinese Xi Jinping ha incontrato le principali aziende tecnologiche del paese. Come scrive la Neue Zürcher Zeitung, hanno partecipato al vertice, tra gli altri, i dirigenti della casa automobilistica Byd, della startup d’intelligenza artificiale Deepseek, del colosso delle telecomunicazioni Huawei. Ma l’ospite che ha fatto più clamore è stato Jack Ma, il fondatore di Alibaba. Più di quattro anni fa l’imprenditore era caduto in disgrazia dopo aver criticato le autorità di vigilanza del settore finanziario e le banche di stato. La sua presenza, osserva il quotidiano svizzero, è un segnale della riapertura di Pechino al settore privato dopo anni di misure repressive.
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Sul settimanale
L’amministrazione di Donald Trump vuole allentare le regole nel settore delle criptovalute. Annuncia ricchezza per tutti, ma sta gettando le basi per il crollo dell’intero sistema finanziario.
Nonostante le restrizioni dei paesi occidentali il petrolio russo, iraniano e venezuelano continua a circolare, garantendo profitti enormi. Un modo per rallentarlo sarebbe accettare prezzi più alti.
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